| Il Santo prese una sacca di cuoio rigida di forma strana, quasi di una spece di enorme violino, tolse i bottoni che la tenevano chiusa, e ne sfoderò una strana ma splendida, grossa chitarra indaco, che si attivava con l'elettricità scaturita dal suo Santo potere e che con questa produceva un suono non solo mai udito prima, ma che si poteva anche modificare tramite delle manovelle apposite, recanti il nome: "Distorsione", "Filtro" e "Volume". Secondo il Santo, solo quella disposizione di due manovelle per i toni non era abbastanza, e un'idea ce l'aveva avuta sul aumentare la gamma dei suoni, ma era improponibile per i suoi vagabondaggi. Dietro il ponte v'erano due amplificatori, essendo lo strumento pieno, costruiti dal genio di un tecnico e un mago a cui piaceva il suono del liuto. Ai lati del ponte, c'erano due lame d'ascia, appositamente montate da Tancro per difendersi durante certi incontri con avventori poco docili. La impugnò e la guardò teneramente come un padre guarda il figlio dormire. La tensione elettrica aumentò di colpo, facendo rizzare i capelli di tutti i presenti e la chitarra emise un guizzo, la cosa più dolce che Tancro potesse sentire anche dopo il bivacco sotto un albero ingrigito dall'inverno senza più foglie, in una plumbea giornata di pioggia. Con il sorriso di chi finalmente ritrova la sua casa, toccò le corde, settò la manovella al minimo rumore udibile solo da lui, fece una scaletta veloce per scaldarsi le dita e desiderò che l'ispirazione cali dall'alto per donare a lui, e solo a lui stesso, anche un brioso tipping che lo isoli. Mise il pollice sulla corda del Mi e... Un giovane cadde dalle scale, mandando in pezzi il suo personale momento. Non guardò neppure chi fosse, e lo mandò a fanculo con un gesto. Fece un respiro, poggiò delicatamente il dito indice della mano sinistra sulla corda del Mi, sull'ottavo tasto, e con la tecnica del pizzicare-sfiorare creò un l'Armonico dell'Ottava, il più semplice e magico che esistesse. Subito dopo questo momento magico, entrò di colpo sbattendo la porta, cosa che lo fece sussultare e imprecare contro la madre di qualcuno, un mocciosetto albino con gli occhi gigantormici, cosa che creò nel Santo un moto di stupore e orrore, e anche alquanto scemo, perchè capì dopo una buona manciata di secondi che per entrare per la porta senza scardinarla bisognava far entrare verticalmente la lunga cosa scura che si teneva dietro. Non ebbe l'interesse di guardarlo, e lo mando nel Paese il cui sindaco è amico di un certo Totò con un gesto. Ristabilitosi un momento di, eppure strana, calma, fece per mettere le dita in posizione dell'accordo del Fa, quando un forte scroscio di risate lo fece sbagliare, creando un suono sporco e stonato. Che però gli piacque tanto, e per questa volta non mandò a quel paese nessuno. Cercò di migliorarlo, rendendolo sì sporco, ma anche udibile e al contempo stridente. Questa cosa lo fece elettrizzare, anche se la tensione delle corde non era quella giusta. Sta per avere un'ispirazione! Un suono nuovo che...! Per l'ennesima volta venne interrotto dall'apertura della porta ormai ridotta ad un pezzo di legno fissato a degli infissi cigolanti e arrugginiti, che lo distraevano dalla composizione. Si ruppe i maroni e ripose in malo modo la sua splendida chitarra. Si buttò sulla sedia e, non avendo di meglio da fare, stette a osservare i soldati che stavano allegramente togliendo tutto lo stucco di quel che fu un camino. Si accorse che l'oste gli stava venendo in contro più incazzato che mai e allora si preparò al peggio, prendendo la sacca della chitarra, quando si sentì sbattere per la millesima volta la porta, che non resse e rovinò per terra, e un uomo non proprio anziano, con la barba e i capelli argentei, lo sguardo, il viso squadrato e la postura marziali, con un'armatura splendida, che incuteva e imponeva rispetto solo guardandoti negli occhi, irruppe. - Basta! - tuonò potentemente, così tanto da ghiacciare la scena circostante. A San Tancro, che non aveva fatto niente, gli si gelò subito il sangue nelle vene e incominciò a sudare freddo, come se avesse appena rubato qualcosa e la pena fosse il taglio della mano. Un soldato, che divenuto istantaneamente l'ombra di se stesso, ebbe il coraggio di rivolgere un balbuziente gemito a quello che dovrebbe essere il Generale. Egli ignorò il soldato. - Attenti! - ordinò, e San Tancro, pur non essendo un suo soldato, si alzò in piedi. - Sieg H..? - ebbe in moto di dire il Santo, tanto era l'assoggezione data. Il Generale, allora, diede spiegazioni sul da farsi: - Reclute e mercenari, siete stati chiamati qui per difendere questa città dai coboldi che la minacciano. Sappiamo che si annidano nelle foreste ad Ovest della città. Il vostro compito è organizzarvi, andare lì, stanarli e farli fuori tutti e, se possibile capire cosa li ha con... - Non ebbe il tempo di finire, che l'aria si mosse e improvvisamente divenne calda, e tutto divenne bianco, e il Santo si sentì come spinto violentemente da una forza superiore, poi il niente.
Tancro si risvegliò da un rapido sogno, fatto di pesci che camminavano e uomini panzuti che ballavano. Un urlo di soccorso lo risvegliò dal delirio onirico, e subitamente si mise in piedi e, in preda ad un giramento di testa, esclamò: - Orsù, miei prodi, porgetemi un baio e un buon vino e vi condu... - Si accorse che non era più nella taverna, e due soldati, ansimanti e con le mani poggiate sulle ginocchia, lo stavano osservando con uno sguardo difficilmente biasimabile dopo un'esclamazione del genere. Sentì una leggera fitta al petto. Era nella via principale, ora tutta dissestata e con una macchia nero carbone diramata, il cui vertice era quella che minuti fa era una taverna. I soldati incerti sullo stato di salute, soprattutto mentale, del Santo dopo un botto del genere, gli chiesero se stesse bene. Rosso di vergonagna, rispose affermativamente e chiese ai due soldati sul dafarsi. I due erano non sapevano cosa e se rispondere, anche perché, secondo loro, avevano a che fare con un demente, ma alla fine uno disse: - Be'... La situazione, per ora, è incerta, visto che i nemici son tutti bloccati dalle porte, ma da come spingono, pensiamo che cederà tra non molto. E si dice che qualche coboldo sia entrato nella cittadina, ma non ne siamo sicuri. - Come affermazione di ciò, guardò oltre e vide che alcuni soldati stavano spingendo e barricando un enorme portone di legno, dietro il quale, vista la forza dei colpi, doveva esserci dei nemici con un ariete. - Bene, bene... - mormorò Tancro - Solo... - Si scoprì essere senza un peso, un peso indispensabile. Terrorizzato, cercò con lo sguardo il sacco con la sua splendida chitarra, e la trovò poco lontano da lui, la sua anelata chitarra. La colse da terra come un padre salva il proprio bambino da un cavallo in piena corsa, se la rimise in spalla e cercò di fare mente locale sul da farsi. I soldati si guardarono a vicenda straniti, poi, quando il Santo li raggiunse, li ringraziò stringendo loro la mano energicamente, con tutte e due le mani. - Grazie - disse il Santo riconoscente - Senza di voi, non sarei nemmeno vivo - E corse verso il portone. Ora, durante la corsa, gli venne in mente un fatto: Se davvero fossero stati loro a far saltare in aria la taverna, non avrebbero esitato a far saltare in aria un portone, il che sarebbe diventato seriamente pericoloso stare vicino ad esso. Così, arrivatogli quasi davanti, vide due torri di guardia di legno, su cui c'erano degli arcieri che bersagliavano i nemici, talmente tesi e concentrati nello scontro che ogni loro movimento, velocissimo e preciso, era macchinoso e letale. Scelse la torre di sinistra, deciso ad avvertire gli arcieri per dire loro di fare assolutamente attenzione a nemici con in mano, o addirittura addosso, strani oggetti, che nella foga della battaglia, potevano sembrare inezie. Fece in un lampo due rampe, tesissimo e con nel petto una sensazione opprimente di angoscia.
Edited by Tixend™ - 19/10/2010, 23:10
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