| Non terminò nemmeno la canzone, la noia e lo sconforto per essersi inevitabilmente perso presero il sopravvento sulle note, quindi ripose con la maggior cura possibile la sua chitarra, si alzò e s'incamminò verso un sentiero che sembrava più aperto degli altri. Non molto tempo dopo, sicuro di aver trovato la strada teoricamente, avvistò una radura, poi udì una voce femminile, limpida e acuta. Senza rendersene conto, aumentò la velocità del passo, evitando più volte di incespicare tra le radici superficiali e i legni. Non aveva contatti umani, o per meglio dire normali, da un po' di tempo, ormai, un po' per la sua bizzaria della sua tunica, un po' per il suo comportamento, un po' per la sua faccia sciupata e non certo rassicurante. Finalmente, raggiunse la radura, e a quanto c'erano ben due elfi uno davanti all'altra, uno il cui viso era giò noto, l'altra una ragazzina dalle evidenti orecchie a punta, e la pelle efebica. Magari loro sapevano da che parte fosse Inismir, città mitica degli elfi. Magari ci scappava un tozzo di pane e un po' di compagnia. Da quanto capì, erano alle presentazioni. Non sapeva se gli elfi fossero una razza solidale con quelle diverse da loro. Stette un po' là, incerto sul dafarsi, esitante. La prima cosa a cui pensò fu se si sarebbero spaventati. Il Santo appariva come una specie di taglialegna in tunica sperdutosi anni or sono nei boschi, con quei capelli che ormai stavano diventando come quelli degli uomini dell'isola di Iamaica, ricci inturcuniati fra loro, fino a farli diventare piccole treccie che si ergevano come cornicchiole ai lati del capo. La barba, ormai, era cresciuta scombinata e incolta. La sua stazza incuteva una certa soggezione, anche se dei suoi originari novanta chili, restavano gli ottanta quattro da denutrizione e il petto, ben largo, sorreggeva le grandi spalle, abbassate un po' dalla chitarra e dalla fatica. Se i due giovani elfi sarebbero scappati, non li avrebbe certo biasimati. Ebbene, il Santo si fece avanti nella radura , sperando di non fare da terzo incomodo, e con voce bassa e roca, causa del freddo che aveva preso, disse:
- Buongiorno - S'interruppe, per osservare la scena. - Scusate se vi interrompo, sapreste, per caso, dov'è Inismir, la città degli Elfi? - Continuò. - Ho paura di essermi perso, potreste condurmi o, in tal caso, farmi uscire da questa labirintica foresta? - Aspettò la reazione degli Elfi, sperando che la faccia nota lo riconosca.
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